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Halloween: l’americanata che ha radici lontane

Ogni anno da quando sono diventata mamma quando arriva Ottobre mi preparo a festeggiare Halloween con entusiasmo! Ai bambini travestisi da mostri e intagliare le zucche piace tantissimo e devo dire che anche a me diverte molto!

In molti credono che Halloween sia una festa popolare, consumistica e assolutamente inutile inventata dagli americani e poi importata in tempi piuttosto recenti anche da noi in Italia. In parte è così anche se le origini dei festeggiamenti più paurosi dell’anno sono da ricercare in antichissime tradizioni celtiche.

La parola Halloween è la forma contratta di All Hallows’ Eve tradotto in italiano “la vigilia di tutti i Santi” ed è una ricorrenza che nasce in Irlanda in tempi lontani.

I Celti festeggiavano l’anno nuovo il 1° novembre, in corrispondenza del termine ufficiale della stagione calda. Il passaggio dall’estate all’inverno veniva celebrato con lunghi festeggiamenti, lo Samhain (pronunciato sow-in) che deriverebbe dal gaelico samhuinn e significa “summer’s end”, fine dell’estate. In quel periodo dell’anno i frutti dei campi e il bestiame erano assicurati e le scorte per l’inverno erano state preparate. La comunità, quindi, poteva riposarsi e ringraziare gli Dei per la loro generosità.

Il tema principale della festa, in accordo con quanto succedeva in natura, era la morte. Durante la stagione invernale la vita apparentemente finita, in realtà si rinnova sottoterra, dove tradizionalmente, tra l’altro, riposano i morti.

I Celti credevano che alla vigilia di ogni nuovo anno, cioè il 31 ottobre, Samhain chiamasse a sé tutti gli spiriti dei morti, che vivevano in una landa di eterna giovinezza e felicità chiamata Tir nan Oge, e che le forze degli spiriti potessero unirsi al mondo dei viventi, provocando in questo modo il dissolvimento temporaneo delle leggi del tempo e dello spazio e facendo sì che l’aldilà si fondesse con il mondo dei vivi e permettendo agli spiriti erranti di vagare indisturbati sulla Terra.

Samhain era, dunque, una celebrazione che univa la paura della morte e degli spiriti all’allegria dei festeggiamenti per la fine del vecchio anno.

In Irlanda si diffuse l’usanza di accendere torce e fiaccole fuori dagli usci e di lasciare cibo e latte per le anime dei defunti che avrebbero reso visita ai propri familiari, affinché potessero rifocillarsi e decidessero di non fare scherzi ai viventi.

Attraverso le conquiste romane, i Cristiani approdarono anche in Irlanda e tentarono attraverso l’evangelizzazione di sradicare i culti pagani, ma non sempre con successo. Halloween non fu del tutto cancellata, ma fu in qualche modo cristianizzata, tramite l’istituzione del giorno di Ognissanti il 1° Novembre e, in seguito, della commemorazione dei defunti il 2 Novembre.

Verso la metà del XIX secolo, l’Irlanda fu investita da una terribile carestia. In quel periodo per sfuggire alla povertà, molte persone emigrarono negli Stati Uniti dove crearono una forte comunità nella quale venivano mantenute vive le tradizioni ed i costumi della loro patria tra cui anche Halloween.

In poco tempo questa usanza si diffuse in tutto il popolo americano diventando una festa nazionale.

In tempi recenti, grazie al cinema ed alla televisione, Halloween, che nel frattempo ha perso i suoi significati religiosi e rituali diventando un’occasione di puro e consumistico divertimento, ha contagiato anche noi italiani.

Jack O’Lantern

La moda di intagliare zucche e illuminarle all’interno deriva da una famosa leggenda Irlandese che narra di un fabbro ubriacone che una sera incontrò il Diavolo al pub. Era talmente sbronzo che il Diavolo riuscì quasi a prendergli l’anima, ma Jack che era anche un uomo astuto riuscì a scendere a patti affinchè lo lasciasse vivere ancora. Dopo 10 anni il Diavolo si ripresentò dal fabbro che ancora una volta con astuzia riuscì ad ottenere di essere risparmiato dalla dannazione eterna. Jack nella sua vita commise però talmente tanti peccati che alla sua morte non venne accettato nemmeno in Paradiso e fu lasciato a vagare come un’anima tormentata alla ricerca di un posto dove riposare. La leggenda vuole che il Diavolo tirò un tizzone ardente a Jack, il quale lo posizionò all’interno di una rapa al fine di illuminare le tenebre nelle quali era destinato a rimanere.

Benvenuto Settembre!

Come tutti gli anni eccoci al momento cruciale: “l’estate sta finendo e un anno se ne va, sto diventando grande anche se non mi va…” (lo so che hai letto cantando: ai Righeira non si può resistere!!)

Io in questo periodo dell’anno mi ritrovo sempre con qualche chilo e qualche senso di colpa in più da smaltire a causa dell’abuso di aperitivi che mi concedo durante quasi tutte le serate estive. Inevitabilmente il primo giorno di settembre di ogni benedetto anno mi trovo quindi a stilare una lista di buoni propositi da seguire per la “rémise en forme”

  1. fare più sport e farlo in modo continuativo;
  2. mangiare sano
  3. sospendere gli aperitivi (o almeno diminuirli)

In questo articolo voglio concentrarmi sul punto 2 “Mangiare sano” anche perchè per quanto riguarda sport e aperitivi ho bisogno di qualche giorno per metabolizzare che è arrivato il momento di impegnarmi seriamente… Ma prometto che mi dedicherò anche a quegli aspetti!!!

Passiamo al dunque: da oggi e per tutto il mese di settembre, per me, la parola d’ordine sarà “detox”.

Quando parlo di detox lo faccio in modo del tutto personale: non sono un medico, un nutrizionista, uno specialista nel settore alimentazione, quindi non prendere le mie parole per oro colato ma semplicemente vedi tu se seguire quello che faccio io oppure no! Anche perchè devi sapere che non ho un programma da proporre o una dieta da suggerire. L’argomento è francamente troppo delicato e complesso perchè io sia in grado di affrontarlo e comunque per quello ci sono persone preparate che potranno aiutarti. A tal proposito da qualche tempo seguo una pagina instagram molto interessante di una professionista della mia zona nutrisport_dott.ssa_gitto (chi mi conosce da un po’ sa che inserisco sempre tips sulle attività locali nei miei articoli!) Ti lascio il link del suo sito: https://teamnutrisport.com/

Io mi affido al buonsenso e da oggi seguirò delle semplicissime regole per tornare in carreggiata:

  1. fare una buona colazione
  2. fare uno spuntino leggero tra i pasti
  3. mangiare sano sia a cena che a pranzo
  4. mangiare frutta e verdura di stagione
  5. evitare il cibo spazzatura
  6. bere molta acqua
  7. evitare bevande alcoliche e bibite

Ti lascio l’elenco completo della frutta e della verdura di Settembre, sono sicura ti sarà di aiuto!

Frutta di Settembre:

  1. anguria
  2. albicocche
  3. fichi
  4. fichi d’India
  5. lamponi
  6. mele
  7. melone
  8. mirtilli
  9. more
  10. pere
  11. pesche,
  12. pesche noce
  13. uva
  14. kiwi

Verdura di Settembre:

  1. bietole
  2. cavolo cappuccio
  3. cetrioli
  4. catalogna
  5. cipolle
  6. fagioli
  7. funghi
  8. lattuga
  9. melanzane
  10. patate
  11. pomodori
  12. peperoni
  13. piselli
  14. rabarbaro
  15. ravanelli
  16. rucola
  17. sedano
  18. scalogno
  19. zucchine
  20. zucca

Ci risentiamo ad Ottobre per vedere com’è andata! Durante questi 30 giorni io mi concentrerò il più possibile ad immagazzinare le buone abitudini che ti ho elencato per poterle inserire in modo regolare nella mia vita, perchè diciamocelo, non basta Settembre per stare bene, le buone abitudini dovrebbero essere centrali nel nostro stile di vita tutto l’anno (con qualche eccezione di tanto in tanto eh!).

Buon mese e a presto!

Canyoning – Un’esperienza magica e irrinunciabile

Oggi ho fatto una delle esperienze più belle della mia vita. No, non sto esagerando!

Qualche giorno fa ho avuto il piacere di conoscere Vichi, una ragazza davvero esplosiva che dopo due parole mi ha subito convinta ad organizzare un’escursione con la Scuola Waterfall Trek Canyoning di Vanzone San Carlo (VB) per provare un’attività davvero eccezionale. 

Insieme alla mia amica Laura alle 13:30 eravamo già in macchina, tutte esaltate all’idea di affrontare un pomeriggio intenso e diverso dal solito. Inutile dire che non siamo rimaste deluse.

Siamo partite senza aspettative, d’altronde nessuna delle due aveva mai fatto canyoning e francamente nessuna delle due aveva idea di quello che sarebbe successo da lì a poco. Ok, non siamo proprio andate alla cieca, abbiamo guardato delle foto e ci siamo documentate seppur superficialmente, ma quello che poi è realmente successo, giuro, non ce lo saremmo mai immaginate.

Io e Laura

Cos’è il Canyonig?

Il canyoning è una attività che viene praticata in montagna e consiste nella discesa dei torrenti che scorrono nei canali rocciosi, senza l’ausilio di natanti. Si scende a piedi indossando una muta, scarpe da trekking e un imbrago che in alcuni passaggi serve per assicurarsi alle corde, utilizzate per calarsi nei tratti verticali dei canali, o per attraversare punti particolarmente esposti.

Questi canali, che spesso sono stati scavati e levigati dall’azione erosiva dell’acqua, sono le forre e la loro discesa, che può presentare diversi livelli di difficoltà, viene effettuata con un misto di trekking e tecniche alpinistiche. 

Io che mi calo

A chi rivolgersi?

Per praticare il canyoning, specialmente se alle prime esperienze, è necessario affidarsi a guide specializzate in grado di accompagnarvi in totale sicurezza in questa fantastica avventura. È fondamentale approcciare a questa attività con rispetto e consapevolezza se si vuole ottenere un’esperienza positiva senza mettersi nei guai. Una guida esperta sarà fondamentale per spiegarvi le tecniche di discesa e soprattutto, in caso di necessità, potrà aiutarvi a risolvere i problemi che potrebbero crearsi a causa dell’inesperienza. 

Giorgio mi aiuta al momento del briefing

Waterfall Trek Canyoning

Io ho la fortuna di abitare sul Lago Maggiore e da casa mia percorrendo  pochi chilometri posso raggiungere la meravigliosa Val d’Ossola, una delle aree geografiche più frequentate di tutto l’arco alpino dagli appassionati di canyoning. 

Il “Waterfall Trek Canyoning” è un Centro specializzato in escursioni guidate di canyoning che propone uscite in ben oltre 15 canyons differenti,offrendo la più ampia scelta di percorsi di tutto il Piemonte: dalla forra più semplice adatta ai giovanissimi, agli adulti in cerca di divertimento, fino agli esperti più preparati che vogliono comunque avvalersi di una Guida Canyon per affrontare i canyons più impegnativi.
E’ presente sul territorio da oltre 11 anni e si avvale di Guide Canyon professionali titolate AIGC e DEJEPS, attualmente il più alto riconoscimento professionale di canyoning esistente in Europa, con un percorso formativo di oltre 1100 ore.
Qualità, sicurezza e rispetto per l’ambiente, fanno di “Waterfall Trek Canyoning” la scelta migliore per avventurarsi in questa divertentissima esplorazione. 

Per i percorsi base BEGINNER non è richiesto alcun tipo di esperienza pregressa, tutto il materiale tecnico personale e di gruppo è fornito dal centro, età minima 6 anni. Gradita la prenotazione.

Contatto telefonico e Whatsapp : +39 347.6585792

La mia esperienza

Appena arrivate al centro “Waterfall Trek Canyoning” io e Laura siamo state accolte da Vichi e Giorgio che ci hanno fornito tutta l’attrezzatura (muta, imbrago e caschetto) e ci hanno invitate a prepararci nei comodissimi spogliatoi. 

In pochi minuti eravamo pronte a partire. Siamo salite sul pullmino insieme alle guide e ad altri tre avventurosi ospiti e abbiamo raggiunto la Val Bianca.

Scorcio della Val Bianca

Il percorso è esteticamente eccezionale già a partire dal sentiero che in pochi minuti permette di raggiungere la partenza del canyon. Dopo un semplice e chiarissimo briefing sulle sponde del torrente siamo finalmente partite per la nostra avventura. Abbiamo camminato tra le acque gelide e le rocce per pochi minuti confortate dal tepore della muta, fino a raggiungere il primo ostacolo: un toboga di circa 4 metri che ci ha permesso di entrare subito nel pieno dell’esperienza. Da quel punto in poi è stato un mix di emozioni, scariche di adrenalina e paesaggi eccezionali. Toboga, tuffi, calate su corda e una emozionante teleferica ci hanno permesso di trascorrere un paio d’ore davvero mozzafiato! Il tempo è volato insieme alla paura di non farcela. Io che non mi tuffo nemmeno dal trampolino più basso della piscina ho scoperto un mondo nuovo e assolutamente entusiasmante. Ho affrontato alcune mie paure ottenendo in cambio emozioni che altrimenti non avrei mai avuto l’opportunità di provare. Al termine del nostro percorso ad accoglierci una cascata di circa 100 metri che fortunatamente non abbiamo dovuto affrontare essendo beginners!!!

Altri dieci minuti di cammino immersi nella natura incontaminata e siamo tornati al pullmino dove Vichi e Giorgio ci hanno proposto un rigenerante tè caldo e biscotti. In pochi minuti abbiamo fatto infine rientro al centro dove ci siamo asciugate e cambiate.

Ovviamente galvanizzate dalla fantastica esperienza appena conclusa, io e Laura abbiamo brindato con una bella birra fresca nel grazioso giardino in attesa che ci venisse consegnata la chiavetta con le foto e i video della giornata. Si! Avete capito bene!!! Le guide durante il percorso immortalano tutta l’impresa con apparecchiature professionali e poi consegnano il materiale agli ospiti per poter tornare a casa con le prove di aver fatto qualcosa di davvero avventuroso!

Toboga, pronti, partenza, viaaa

Conclusioni

La conclusione per quanto mi riguarada è sempre la stessa:

COME HO FATTO A NON PENSARCI?!?

Accidenti, certe opportunità spesso sono proprio dietro l’angolo, a portata di mano, eppure spesso non ne conosciamo nemmeno l’esistenza. Io per anni ho viaggiato alla ricerca di posti eccezionali nel mondo dimenticandomi di concentrare le mie ricerche sul territorio in cui vivo, commettendo un errore madornale. Devo ammettere che sono fortunata: le mie zone sono particolarmente ricche di attrazioni di alto livello in qualsiasi ambito. Dal punto di vista paesaggistico credo fermamente di vivere realmente in uno dei posti più belli del mondo! Tuttavia consiglio a tutti voi di prendere in considerazione l’idea di approfondire la conoscenza della vostra terra perchè sono certa farete eccezionali scoperte. 

Naturalmente siete tutti invitati a venire qui sul Lago Maggiore a fare una vacanza speciale, sarò contenta di darvi suggerimenti e idee se me le chiederete!

Io intanto ho già prenotato la prossima escursione con “Waterfall Trek Canyoning“. Perché farlo una volta è stato bello, ma replicare lo sarà ancora di più!

Gruppo di escursionisti felici!

“Casa Flore” – Un Home Restaurant davvero speciale

Giovedì 27 Maggio 2021

La nostra prima uscita al ristorante dopo mesi di chiusure e restrizioni a causa della pandemia doveva essere speciale ed indimenticabile. Gli ingredienti per rendere perfetta quest’occasione sono stati due: la compagnia e la location.

Riguardo la scelta della compagnia sono andata sul sicuro: con Simone, i bambini, i miei cognati Ivan e Sabina e la mia piccola nipotina Nina, ogni uscita si trasforma in un momento speciale di condivisione, divertimento e serenità.

La location è stata scelta con ponderazione, ho pensato a diversi posticini davvero interessanti e alla fine ha prevalso su tutti “Casa Flore”, un delizioso Home Restaurant che si trova proprio a due passi da casa nostra, a Vezzo (Gignese) un piccolo comune immerso nel verde a qualche minuto dalla bellissima Stresa sul Lago Maggiore.

Ma cos’è un home restaurant?

Si tratta di un’attività di ristorazione regolamentata, che viene organizzata presso una residenza privata. I padroni di casa si mettono ai fornelli e ospitano un numero limitato di commensali offrendo loro, in cambio di un compenso, i piatti che cucinano. In effetti, nei miei viaggi a Cuba avevo frequentato spesso le “Case Particular”, ma non avevo mai valutato l’opportunità di poter fare la stessa cosa anche qui in Italia. In realtà, ho scoperto che proprio sul modello cubano consolidato ormai da decenni, anche nel resto del mondo, specialmente in USA ma anche in Europa, ha iniziato a prendere piede questo tipo di attività.

Con la mia famigli a Casa Flore

Casa Flore – una vera sorpresa

Nella ricerca di posti nuovi da scoprire sul mio territorio, mi sono imbattuta nel profilo Instagram @flore_dinnernights ed è stato amore a prima vista: foto curate nei dettagli, armonia nei colori e una serie di video molto interessanti sono stati il biglietto da visita che mi ha subito convinta ad approfondire l’argomento. Ho contattato i proprietari inviando un messaggio in Direct facendo una serie di domande riguardo la possibilità di cenare a casa loro et voilà! Già dalle prime risposte ricche di gentilezza e informazioni ho capito che sarebbe stato il posto perfetto per la nostra prima uscita post-chiusure.

Angelica e Jharvari sono una giovane coppia di Chef che ha deciso di aprire le porte di casa propria a chi vuole provare un’esperienza di alta cucina nell’intimità di un confortevole e curato focolare domestico. Lei, italiana, è un’abile pasticceria diplomata alla prestigiosa @alma_scuola_cucina . Lui, inglese, è uno Chef con la “C” maiuscola grazie alle sue numerose esperienze in ristoranti prestigiosi di Londra e dei Caraibi. La proposta culinaria è varia e la loro filosofia di cucina interessante. Oltre ad utilizzare materie prime di alto livello, scelte accuratamente tra i migliori produttori locali, si occupano personalmente del loro orto e preparano tutto in casa. Il risultato è straordinario!

Io e Angelica di Casa Flore

Abbiamo scelto due tra i cinque menù proposti, composti da quattro portate: antipasto, primo, secondo e dessert ai quali si sono aggiunti deliziosi stuzzichini per l’aperitivo, caffè e Petit Fours, acqua focaccia e grissini. Per i bambini invece abbiamo concordato un menù dedicato, ridotto rispetto al nostro, sulla base delle preferenze di Andrea e Camilla. Casa Flore inoltre mette a disposizione una scelta limitata di vini, anche se su richiesta i proprietari si rendono disponibili ad ampliare la proposta. Nel nostro caso, proprio su loro suggerimento, abbiamo portato da casa le nostre bottiglie preferite.

A fare da cornice a tutto questo ben di Dio, una casa accogliente e pulita, curata nei dettagli, semplice ma speciale. Si respira un’atmosfera familiare grazie alle numerose fotografie personali e i tanti oggetti tutti ordinatamente disposti che richiamano ricordi di viaggi e vita vissuta. I giochi di Noah, il bimbo di Angelica e Jharvari, i gatti e i cagnolini che scodinzolano felici nell’armonioso giardino trasmettono pace e tranquillità. In questo luogo magico ci si sente accolti ed è fantastico poter condividere un pezzo di vita con persone così positive e appassionate.

Siamo stati benissimo, abbiamo passato una serata piacevole e spensierata, abbiamo mangiato divinamente, ma soprattutto abbiamo conosciuto delle belle persone. Questa esperienza mi rimarrà nel cuore e sicuramente replicheremo in futuro.

Quindi annotatevi l’indirizzo e se vi capita di passare da queste parti provate anche voi! Non rimarrete delusi. Garantito! @flore_dinnernights

Ferrata dei Picasass – sognare di essere alpinista per un giorno

Nei mesi precedenti al primo lock-down ho iniziato ad appassionarmi di alpinismo, leggendo una decina di libri molto interessanti, scritti da grandi personaggi illustri in questo campo. 

Inutile dire che alla fine del secondo libro iniziavo a sentire dentro di me la grande voglia di cimentarmi in questa disciplina, dopo il quarto titolo avevo già immagazzinato sufficienti nozioni per poter affermare di essere un’alpinista di tutto rispetto e alla fine delle dieci letture mi sentivo pronta per scalare il Nanga Parbat. Eh già, una caratteristica peculiare del mio carattere è proprio quella di vivere tutto con grande entusiasmo (per lo meno all’inizio…) immedesimandomi profondamente nel personaggio! Pure troppo…

Alcuni dei titoli che ho letto negli ultimi mesi

Chiaramente ho dovuto ridimensionarmi e scendere dalla nuvoletta di sogni che mi ero sapientemente costruita per tornare con i piedi per terra e affrontare la questione in modo più lucido. Ho pensato di iscrivermi ad un corso di alpinismo appoggiandomi ad un Cai; ho vagliato le proposte delle guide alpine della mia zona… ma niente… L’inizio della pandemia ha bloccato tutto sul nascere impedendomi di avvicinarmi a questa entusiasmante attività.

Non mi sono arresa, ho continuato a documentarmi in attesa di tempi migliori e alla fine è successo qualcosa di inaspettato: mi sono trovata del tutto casualmente a parlare di questo mio forte desiderio di imparare tutto sulle tecniche della scalata con un mio compaesano, molto sportivo e appassionato di montagna che si è gentilmente offerto di farmi da tutor.

Ovviamente non mi sono lasciata scappare l’occasione e nel giro di due giorni ho organizzato con lui la mia prima piccola favolosa impresa: scalare la “ferrata Dei Picasass” proprio qui a Baveno, il mio comune di residenza.

Ferrata dei Picasass

La via ferrata è un itinerario che conduce l’alpinista su pareti rocciose, su aeree creste e cenge, preventivamente attrezzate con funi e scale senza le quali il procedere costituirebbe una vera e propria arrampicata. Richiede adeguata preparazione ed idonea attrezzatura quale: casco, imbragatura, longe con dissipatore d’energia, guanti da ferrata e scarpe da montagna. Inoltre è indispensabile avere un minimo di esperienza di montagna e di arrampicata. Per chi non ha mai effettuato salite di vie ferrate è consigliabile farsi accompagnare da una guida alpina.

PRONTI, PARTENZA, VIA!

Dopo aver percorso il sentiero nel bosco abbiamo raggiunto l’attacco della via ferrata. Da qui in poi è stata tutta un’emozione! Già perché il paesaggio che si può ammirare arrampicandosi è semplicemente mozzafiato: Il Golfo Borromeo con le sue Isole, il Lago Maggiore e quello di Varese, l’arco delle prealpi e le alpi. L’arrampicata grazie alle numerose staffe e agli appoggi è facile e non troppo faticosa, a parte qualche passaggio particolarmente verticale e un paio di passaggi leggermente strapiombanti, l’unico punto un po’ “delicato” è costituito da un terrazzino esposto, tratto in cui mi sono calata perfettamente nella parte dell’alpinista e mi sono sentita una piccola, piccolissima, minuscola ma felice Nives Meroi.

Il passaggio più esposto della ferrata di Picasass

Un angolo verticale e poi su, verso il tratto più facile. Si raggiunge così una terrazza panoramica dove il Cai di Baveno ha apposto un libro di vetta sul quale si può annotare il proprio passaggio. Sfogliandolo ho trovato nomi di persone venute fino a li da tutto il mondo, molto bello! L’ultima parte di salita decisamente meno impegnativa porta alla vetta tramite due vie: il sentiero oppure un ponte tibetano che attraversa la valletta. Ovviamente noi abbiamo scelto la seconda opzione! Una volta in cima, ormai galvanizzata avrei anche piantato la bandiera come fanno quelli “veri”, ma per fortuna ho una dignità e soprattutto non avevo alcuna bandiera da piantare! Così ci siamo seduti a goderci il panorama qualche minuto prima di ridiscendere in paese percorrendo il sentiero nel bosco.

Il ponte tibetano

L’unica domanda che mi sono posta per tutto il tragitto di rientro ovviamente è stata sempre la stessa:

“Ma come ho fatto a non pensarci prima?!”

Vista dal Monte Camoscio

Bilancio dell’esperienza: positivissimo! Consiglio a tutti di provare questa ferrata, a patto che non abbiate paura del vuoto, non soffriate di vertigini e che siate accompagnati da una persona esperta.

Questo per me è stato solo l’inizio di una meravigliosa avventura che spero di poter ripetere presto!

Impianti sciistici chiusi. Il pensiero del Direttore della Scuola Sci 360

Recentemente è stato varato il DPCM che ha vietato l’apertura degli impianti sciistici in Italia, almeno fino al 7 Gennaio. Ci sono state innumerevoli polemiche a riguardo. Di seguito vi riporto il pensiero di mio marito, nonché Direttore della Scuola Sci 360 Mottarone. E voi, cosa ne pensate?

“Questo 2020 è stato un anno decisamente duro: tutto ci saremmo potuti immaginare, ma una pandemia globale non l’avevamo mai presa in considerazione come eventualità plausibile. E invece è successo.

Noi uomini e donne di montagna siamo abituati alle sfide, a rimboccarci le maniche davanti agli ostacoli e a trovare le soluzioni ai problemi. In questa paradossale situazione che ci ha inaspettatamente travolti, abbiamo tutti continuato ad agire con la nostra mentalità pratica al fine di riuscire ad affrontare i problemi al meglio.

Alcuni maestri della Scuola Sci 360

Parlando di stagione invernale, a causa del cambiamento climatico registrato negli ultimi anni, che ha determinato una notevole diminuzione delle nevicate specialmente nelle località sotto i 1500 mt, nel nostro settore avevamo già dovuto affrontare momenti di difficoltà.

Quest’anno insieme alla neve che è caduta copiosa al momento giusto, ironia della sorte, è arrivata anche la doccia fredda del DPCM che vieta l’apertura degli impianti di sci almeno fino al 7 Gennaio.

La sensazione di rabbia e frustrazione all’inizio è stata grande: ci è sembrato di subire una grave ingiustizia. Ragionando in modo più lucido, abbiamo preso atto della decisione del governo e per ovvie ragioni abbiamo finito per adeguarci alle disposizioni imposte cercando di riprogrammare le nostre attività, aggrappandoci all’ottimismo che ci ha sempre contraddistinti.

Purtroppo, il DPCM ha penalizzato in maniera decisiva e importante non solo il settore “sport invernali”, ma ovviamente tutto l’indotto che ne deriva. Questi provvedimenti metteranno a dura prova un sacco di gente, di famiglie e di lavoratori che dovranno fare i salti mortali per stare a galla. La situazione è grave e il governo non ha le risorse per aiutare tutti. Nel caso della Scuola Sci 360 Mottarone, di cui sono il direttore, mi sono trovato per l’ennesima volta nell’incertezza di come affrontare la stagione. Già lo scorso inverno non è stato facile, all’inizio la scarsità della neve non ci aveva permesso di lavorare a regime e poi quando finalmente a fine febbraio è arrivata siamo stati costretti a chiudere, compromettendo la stagione definitivamente. Ora l’incubo si ripresenta. I nostri numerosi maestri sono senza lavoro, così come la nostra stessa struttura si trova in difficoltà per via dei costi di gestione che non possono essere affrontati se non grazie ai risparmi di anni. Teniamo botta e cerchiamo di affrontare ancora una volta le difficoltà sperando di recuperare dal 7 gennaio, già sapendo che non sarà comunque una stagione facile: meno soldi, meno gente, molte restrizioni e di conseguenza meno lavoro. Ma siamo anche consapevoli dell’emergenza sanitaria e da sportivi e amanti della vita cerchiamo di non lamentarci troppo: la salute viene prima di tutto. Faremo quello che potremo in vista di momenti migliori. La priorità oggi è quella di non perdere la speranza di poter pian piano ricominciare a sognare come abbiamo sempre fatto.

#team360

Io credo che se ben gestita, una riapertura degli impianti e delle attività montane sarebbe stata possibile e anche sicura. Abbiamo avuto mesi a disposizione per prepararci, molti di noi l’avevano anche fatto, ma niente, a nulla sono valsi tutti gli sforzi. Credo che chi ha stabilito queste regole così stringenti non abbia tenuto conto di molti fattori a nostro favore. Nel caso specifico dello sci, stiamo parlando dello sport più sicuro dal punto di vista dei contagi: innanzitutto è uno sport individuale, in secondo luogo gli equipaggiamenti e l’attrezzatura utilizzati garantiscono grande protezione e distanziamento. L’ostacolo più grande, chiaramente si può presentare sugli impianti di risalita, e durante le code per raggiungerli, per altro come accade ogni giorno su tutti i mezzi di trasporto pubblici, ma correttamente contingentati e creando percorsi per incanalare gli sciatori in attesa, sarebbe stato possibile ovviare al problema. Ski pass online, regole di buon senso avrebbero infine aiutato ulteriormente. Pazienza, ci adeguiamo e speriamo con tutto il cuore che il sacrificio che ci è stato richiesto per l’ennesima volta sia davvero utile a diminuire il proliferarsi del virus. In attesa che tutto questo finisca noi vogliamo rimanere uniti e trasmettere ottimismo perché ne abbiamo tutti tanto bisogno.”

Simone Villaraggia

Direttore Scuola Sci 360

Come organizzare una festa di Halloween ai tempi del Covid

Mia figlia Camilla il 27 Ottobre compirà 9 anni e come sempre mi ha chiesto di organizzarle una festa di compleanno per condividere con i suoi amici più cari il suo giorno speciale. Sebbene io sia sempre enormemente felice di poter accontentare le richieste dei miei bambini in fatto di feste, party e vernissage di qualsiasi tipo, essendo io amante degli eventi mondani, questa volta mi sono venuti mille dubbi e parecchie remore a causa del nuovo DPCM. Il problema della pandemia non lo posso proprio sottovalutare, ma non posso nemmeno deludere la mia quasi novenne preferita… Come diceva il famoso capo indiano Estiquaatsi (tana per chi non se lo ricorda!) ‘sto giro sono proprio nella cacca di cavallo fino al collo!

E invece no!!! Basta fare uno sforzo creativo e pensare: “Come ho fatto a non pensarci?!” per tirare fuori dal cappello la solita idea geniale!

Camilla è un’amante sfegatata della notte di Halloween, tanto che negli anni passati il tema per la sue feste è sempre stato quello, complice il fatto che il suo compleanno cade proprio a pochi giorni dalla data in cui si festeggia la paurosissima ricorrenza. Così anche quest’anno le organizzerò uno specialissimo “Covid-Halloween Party”. Ehm… in realtà non sarà proprio un party… più una specie di cena tra amici… lo dico per i vicini.

Camilla, Diego e Andrea 2019

Perché la festa possa riuscire in maniera del tutto sicura bisognerà tenere conto dei protocolli anti-covid vigenti e di conseguenza sarà necessario rispettare delle regole precise:

  1. La data e il luogo: Cami è nata il 27 Ottobre, ma per quest’anno potrebbe anche essere che il giorno della festa subirà degli slittamenti in base al meteo. La nostra casa non è esattamente la Reggia di Caserta ed escludo di poter creare spiacevoli assembramenti al chiuso, quindi la location perfetta sarà il giardino… va da sé che si dovrà azzeccare la giornata giusta per evitare di morire assiderati o di prendersi una mega lavata in caso di pioggia facendo tornare tutti a casa con il raffreddore.
  2. Il numero di invitati: ho calcolato meticolosamente gli spazi disponibili in giardino in modo da poter garantire il distanziamento sociale di almeno un metro e ho stabilito che gli invitati potranno essere al massimo 6. Tuttavia, come da decreto ministeriale dovrò ulteriormente ridurre il numero a 4, spedendo mio figlio più grande dai nonni, per garantire il numero massimo di 6 persone tra conviventi e amici.
  3. Il dress-code: onde evitare di ritrovarmi a dover gestire piccoli invitati mocciosi privi di mascherina, inviterò tutti i partecipanti a venire travestiti da mummie; parliamoci chiaro, mummie senza la garza intorno al volto non se ne sono mai viste! In questo caso le apparentemente scomode mascherine chirurgiche bianche che distribuiscono a scuola saranno di preziosissimo aiuto.
  4. L’intrattenimento: ogni festa per dirsi ben riuscita deve essere divertente, pertanto organizzerò dei giochi a tema, rigorosamente nel rispetto delle norme anti-covid.
  5. Il buffet: come noto non è possibile organizzare buffet. La merenda verrà offerta in monoporzioni e la torta di compleanno a forma di mega mascherina chirurgica verrà solo mostrata velocemente ai bambini e poi sporzionata per evitare che qualcuno ci metta mano. Ovviamente le candeline verranno spente con le dita per evitare che Camilla sputacchi sulla glassa. (La doterò di guanti speciali… tranquilli non voglio rendere la festa troppo realistica incendiando la bambina!)
Camilla

Ma vorrei tornare velocemente al punto 4 ed elencare i giochi che ho in mente di proporre:

  1. “Bandiera”, per l’occasione ribattezzato “Mascherine”: dividerò i bambini in due gruppi e li farò posizionare in linea distanziati l’uno dall’altro servendomi di pratiche mascherine chirurgiche segna posto.  Normalmente una persona tiene la bandiera, questa variante del gioco prevede invece che le bandiere, o meglio le mascherine, siano due, una per mano evitando che i bambini si scontrino al momento della presa! 
  2. “Caccia al tesoro”, ribattezzato “Caccia alla mascherina”: i bambini avranno tutti una mappa e degli indizi nascosti da trovare, che verranno sapientemente nascosti in modo da non costringere i bambini a trovarsi troppo vicini tra loro durante la ricerca. I tesori ovviamente saranno avvolti in mascherie chirurgiche. 
  3. “Tiro alla fune”, ribattezzato “Mascherine alla fune”: preparerò una fune lunghissima sulla quale attaccherò delle mascherine alla distanza di un metro l’una dall’altra per determinare la posizione di ogni bambino. Le due squadre dovranno tirare il proprio capo di fune e per vincere dovranno fare in modo che la squadra avversaria oltrepassi interamente la linea centrale, indicata ovviamente da una piccola fila di mascherine chirurgiche posizionate a terra.
  4. “La Pignatta”, ribattezzata “la Pignatta” (non ho trovato nomi più originali…): ogni bambino avrà a disposizione una pignatta personale riempita di dolcetti. Le varie pignatte saranno create personalmente da me usando materiali di riciclo e saranno veramente brutte… Ma d’altra parte ad una festa di Halloween non ci si può certo aspettare di trovare orsetti e unicorni.
  5. Il gioco del “Semaforo”: i bambini saranno tutti distanziati e dovranno correre in giardino. Al mio grido “Semaforo rosso” dovranno fermarsi e rimanere immobili; al comando “semaforo verde” potranno ricominciare a correre; quando invece pronuncerò “semaforo arancione” dovranno camminare. Chi sbaglia verrà eliminato e sanificato…
  6. Il “Tik Tok”: non potrà mancare la coreografia di gruppo nella quale ogni bambino travestito da mummia si potrà cimentare in uno spaventosissimo ballo che rimarrà a ricordo di uno splendido pomeriggio trascorso insieme. Userò il grandangolo per far si che i bambini mantengano il distanziamento.

Qualcuno potrà pensare che le idee sopraelencate siano vagamente ironiche, ma vi assicuro che sono seria. Cosa ne pensate voi? Idea geniale o supercazzola di fine Ottobre?

Un nuovo sport per me: il “Padel”

Ai milleduecentotrentasette sport che pratico in modo scostante e con scarsi risultati si aggiunge alla lista anche il “Padel” o “Paddle”. Questa sera esordirò nella categoria “schiappe”, in coppia con mio marito che per fortuna schiappa non è, al torneo organizzato dal club “Paddel Verbania“.

Sono molto emozionata per due ragioni: 1) praticherò uno sport fianco a fianco del guru sportivo della mia famiglia; 2) praticherò uno sport senza le minime capacità tecniche per poterlo affrontare.

Simone ormai da un anno e mezzo gioca regolarmente a “Padel”. Quando dico regolarmente intendo 3 / 4 volte a settimana! Considerando che durante il giorno siamo impegnati entrambi nel lavoro e che la sera lui si assenta spesso per coltivare questa nuova passione, ho dovuto prendere in mano la situazione per fare in modo di condividere più tempo insieme, così gli ho chiesto di iniziarmi a questa attività di coppia! Devo dire che è stato davvero carino nell’accogliere la mia richiesta, infatti ha subito pensato bene di iscriverci ad un torneo, dopo avermi fatto giocare un paio di volte con lui per spiegarmi le regole e darmi due dritte. La fiducia non manca, ed è già un buon punto di partenza, peccato che io sia davvero negata! Ma c’è anche da dire che io sono una forza della natura nell’affrontare con nonchalance le figure di merda, quindi anche in questo caso non mi tirerò indietro ed affronterò la sfida al meglio delle mie possibilità!

Il “Padel” è uno sport di palla che si pratica a coppie, di derivazione tennistica. Nel caso del padel il campo è chiuso ai 4 lati a eccezione di due porte laterali. Il gioco si pratica con una racchetta denominata pala e delle palline esteticamente identiche a quelle di tennis, ma con meno pressione al loro interno per rendere il gioco leggermente più lento e i colpi e le sponde più gestibili. Ed ecco che le ore spese a giocare a racchettoni in spiaggia assumono un significato più profondo del semplice divertimento: senza essermene resa conto prima, ora so di aver investito un sacco di tempo per allenarmi a diventare oggi una giocatrice di Padel.

Campo da Padel

Nel 1969 il messicano Enrique Corcuera, volendo costruire un campo di tennis in casa sua ed essendoci dei muri proprio a ridosso dello spazio disponibile per tracciare il campo, concepì l’idea di considerare i muri come parte integrante del campo di gioco stesso. Corcuera inventò e regolamentò così il nuovo gioco e lo chiamò padel. Oggettivamente quest’uomo è stato geniale! E a me le persone geniali  che inventano cose geniali piacciono un bel po’!

Il padel è uno degli sport più popolari in America Latina (in particolare in Argentina) e in Spagna oltre ad essere discretamente popolare anche in Portogallo e Svezia. Negli ultimi 5 anni questo sport ha visto una forte crescita anche in Italia. Quindi vale la pena di provare, anche perché non succede, ma se succede che divento una “pro” posso qualificarmi al World Padel Tour e giocare in tutto il mondo, soddisfando la mia voglia di viaggi! Mi immagino già con il mio racchettone in posti esotici!

Poche regole ma importanti caratterizzano il paddle tennis: la più originale è quella in cui i muri delimitanti il fondo campo fanno parte dell’area di gioco quindi se la palla rimbalza su tali muri può essere respinta con la racchetta. Vi ricordate il gioco Bricks Demolition? Io negli anni ’90 con quella pallina che rimbalzava ovunque ho distrutto un numero di mattoncini davvero incredibile! Allora ho pensato che in linea di massima applicando la mia pregressa esperienza digitale al gioco del padel, dovrei anche fisicamente riuscire ad ottenere qualche risultato. Questa sera penserò agli avversari come a dei coloratissimi mattoncini da demolire. 

Per iniziare, il punto si batte dietro la propria linea di servizio, da sotto (a differenza del tennis) e facendo rimbalzare la pallina prima per terra. Questo mi agevola un bel po’ visto che a tennis la mia battuta fa schifo!

Il servizio deve seguire una traiettoria diagonale verso l’opposta area di battuta dell’avversario, colpendola di dritto o di rovescio. Ad eccezione della risposta, i giocatori possono colpire la palla prendendola al volo o dopo il primo rimbalzo sul proprio campo; la pallina può colpire quante sponde possibile dopo il primo rimbalzo, ma un secondo rimbalzo a terra decreterà il punto per l’avversario, come nel tennis. Non solo, i giocatori possono mandare la palla contro la porzione di vetro della parete della propria metà campo affinché questa passi sopra la rete verso il campo dell’antagonista. La palla deve sempre rimbalzare prima per terra una volta superata la rete per essere in gioco e dunque non può toccare al volo la parete delimitante la metà campo dell’avversario, perché in quel caso verrebbe considerata out. Ok questo passaggio lo vedo un tantino più complicato da gestire, ma per fortuna in campo non sono sola, e soprattutto mio marito, che ha una forte componente agonistica, farà di tutto per salvare ogni pallina anche a costo di finire stremato a terra.

La tattica di gioco consiste nel conquistare come coppia la posizione a rete, più favorevole per chiudere il punto, e nel mantenerla il più a lungo possibile. Per questa ragione tradizionalmente il compagno del battitore si posiziona a rete e, dopo il servizio, chiama ad avanzare anche lo stesso battitore per colpire di volèe. Gli avversari a fondo campo solitamente fanno ampio uso di pallonetti per scavalcare gli attaccanti e poter conquistare a loro volta la rete. Sulla tattica di gioco sono dubbiosa: sento che potrei avere grosse difficoltà essendo decisamente lenta e per niente dinamica, pertanto punterò sui pallonetti che mi sembrano la soluzione più facile da praticare. 

Il gioco del Padel richiede grande pazienza nella costruzione del punto in quanto i rimbalzi sulle pareti danno quasi sempre una seconda chance per chi difende di ribattere la palla. Pazienza?!? Ma io non so cosa sia la pazienza!!! Che Dio ce la mandi buona!